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Indeterminatezza contrattuale mutuo: risarcimento 97.500,00€ interessi illegittimi. Trib. Vicenza

Tribunale di Vicenza

Sentenza n. 170/2022, datata 01/02/2022

Giudice Dott. Francesco Lamagna

 

Indeterminatezza contrattuale mutuo: risarcimento interessi illegittimi addebitati sul finanziamento.

 

Il Tribunale di Vicenza, nella sentenza n. 170/2022, ha accolto la tesi dello Studio Pinaffo di indeterminatezza contrattuale del mutuo a causa di artificiosa dilatazione del tasso di interesse mediante espedienti contabili occulti (dimostrati attraverso la consulenza tecnica sul finanziamento).

Il tribunale ha richiamato sia l’obbligo di univocità del tasso e della sua determinazione ed anche il principio del divieto di costi occulti a contratto già sancito dalla Suprema Corte a S.U. nella sentenza n. 8770/2020.

La causa riguardava un mutuo di originari € 180.000,00, stipulato nel 2011 per la durata di 20 anni, a tasso fisso.

Il cliente aveva convocato a giudizio la banca lamentando alcune irregolarità insite nel rapporto di finanziamento. Tuttavia – resosi conto della necessità di una difesa più efficace – per tramite di un nuovo legale, il cliente si rivolgeva allo Studio Pinaffo a causa già avviata, intendendo sostituire sia il vecchio avvocato che il precedente consulente.

Nonostante lo stato della causa navigasse in cattive acque, a causa di gravi lacune tecniche e difensive lasciate da precedenti professionisti, con innumerevoli sforzi i nuovi difensori riuscivano a colmare dette mancanze, ottenendo l’istituzione della CTU tecnico contabile, verificando l’indeterminatezza contrattuale del mutuo e varie illiceità sul piano di ammortamento.

Una delle circostanze contestate dallo Studio Pinaffo alla banca, era che la struttura del rimborso del mutuo (e l’anatocismo latente insito nel piano di ammortamento alla francese), rappresentano un costo occulto che comporta la lievitazione celata del tasso di interesse contrattuale – il quale deve essere univoco – e pertanto sfocia nella nullità del tasso di interesse ultralegale preteso a contratto, perché indeterminato.

L’indeterminatezza contrattuale del mutuo comporta la nullità degli interessi addebitati dalla banca presso il finanziamento ed il ricalcolo a tasso Bot del dovuto, con abbattimento notevole dei costi di finanziamento.

La Dott.ssa Tiziana Pinaffo esercitava anche il ruolo di CTP a tutela della parte finanziata nella CTU istruita dal Giudice, riuscendo a far comprendere il problema tecnico al CTU, il quale confermava varie illiceità inserite all’interno del contratto di mutuo, tra cui la presenza di anatocismo nel piano di ammortamento.

 

Interessi illegittimi ricalcolati in base alla indeterminatezza contrattuale mutuo 

 

Il Giudice – accogliendo la tesi esposta dallo Studio Pinaffo e dal Legale – nell’ambito della sentenza dichiarava la nullità dell’interesse contrattuale preteso dalla banca e disponeva il ricalcolo dell’interesse del mutuo a tasso BOT, ai sensi dell’art. 1284 c.c. e 117 TUB.

Pertanto la sentenza ribadisce quanto affermato dallo Studio Pinaffo nella difesa della parte finanziata: il tasso di interesse espresso a contratto deve essere determinato in maniera univoca e non deve contenere dilatazioni artificiose: tanto meno quelle esercitate da espedienti contabili quali l’anatocismo, latentemente insito nel piano di ammortamento.

Il giudice ha anche sanzionato il fatto che la banca non avesse allegato al contratto originario neppure la copia del piano di ammortamento del mutuo, non consentendo al debitore di avere piena contezza dell’operazione di finanziamento.

 

Le disposizioni della sentenza comportano, a beneficio della parte finanziata, un abbattimento di circa il 95% degli interessi di finanziamento addebitati dalla banca.

In sostanza, a fronte di un mutuo di € 180.000 a tasso fisso, per il quale la banca aveva preteso circa 101.500,00€ a titolo di interessi passivi fino alla scadenza naturale del prestito, il ricalcolo sul capitale effettivamente erogato secondo le sanzioni disposte dal giudice, comporta per il debitore il pagamento di interessi pari a solo € 4.000,00 circa per l’intera durata del finanziamento.

Pertanto, sulla base della sentenza, la parte finanziata consegue un risparmio di circa € 97.500,00 a causa dell’annullamento degli interessi bancari, anatocismi ed espedienti contabili ritenuti illegittimi dal Tribunale.

Il giudice ha accordato anche il risarcimento delle spese legali e peritali (anche quelle di CTP) sostenute dalla parte finanziata all’interno del giudizio.

 

Testo sentenza n. 170/2022: un estratto della parte più rilevante sull’indeterminatezza del tasso

 

Di seguito un estratto di alcuni passaggi fondamentali della sentenza emessa dal Tribunale di Vicenza:

<<Merita accoglimento l’eccezione attorea sulla indeterminatezza del piano di rimborso del capitale prestato in quanto si riflette in una indeterminatezza del tasso di interesse indicato in contratto.

In un contratto di finanziamento, il tasso di interesse, essendo uno degli elementi essenziali del contratto, deve essere, ex art. 1346 c.c., “determinato o determinabile”.

La previsione contrattuale, però, relativa al solo tasso di interesse in ragione d’anno (c.d. TAN) è un’indicazione parziale ed insufficiente a determinare il monte interessi in quanto concorrono a determinare il tasso effettivo annuo (c.d. TAE) anche i tempi di riscossione degli interessi e il regime finanziario adottato.

E’ noto che esistono almeno due regimi finanziari alternativi, applicabili a qualunque tipo di ammortamento prescelto (che sia a rata costante, altrimenti detto alla “francese”, come nel caso di specie, ovvero a quota capitale costante, c.d. “all’italiana”), tra cui: il regime finanziario della “capitalizzazione composta” e quello della “capitalizzazione semplice”. Il primo prevede una maturazione degli interessi ad un ritmo “esponenziale”, e quindi più oneroso, il secondo limita la maturazione degli interessi ad un ritmo lineare e “proporzionale al tempo”. Ne consegue che a parità di importo finanziato, di TAN contrattuale, di durata del piano di rimborso e di numero di rate, due prestiti, a seconda del regime di capitalizzazione adottato, produrranno un costo del tutto diverso, che risulterà ovviamente più alto in regime di capitalizzazione composta.

[…]

Pertanto il criterio in base al quale va stabilito un tasso deve essere oggettivo, predeterminato e verificabile (Cfr. Cass. 12276/2010): “In tema di contratti di mutuo, affinché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284, terzo comma, cod. civ., che è norma imperativa, deve avere forma scritta ed un contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse”, il quale può essere anche individuato per relationem, purché, mediante rinvio a dati che siano conoscibili a priori e siano dettati per eseguire un calcolo matematico il cui criterio risulti con esattezza dallo stesso contratto (cfr. Cass. civ. n. 22898/2005, n. 2317/2007, n. 17679/2009).

Sul punto, è tornato di recente a pronunciarsi il Supremo Collegio, enunciando un principio definibile perentorio sulla determinatezza delle clausole inserite nei contratti bancari: “Le clausole dei contratti bancari che disciplinano le condizioni economiche sono nulle, se non contengono l’indicazione di un criterio che consenta di determinare ex ante in maniera univoca ad entrambi i contraenti l’oggetto della prestazione; irrilevante essendo che gli scostamenti dei risultati dei calcoli consentiti da una clausola che non contiene un criterio univoco siano minimi” (Cass. Civile, Sez. III, n. 16907/2019).

Sennonché, a conferma degli assunti esposti, risulta pertinente richiamare anche il recente arresto delle Sezioni Unite, con la nota sentenza n. 8770/2020, emessa in materia di contratti derivati finanziari, ma la cui ratio decidendi risulta certamente estensibile alle convenzioni del mercato del credito.

Il Supremo Collegio, infatti, ribadisce l’esigenza, ai fini di “una precisa misurabilità/determinazione dell’oggetto del contratto”, di tenere conto anche dei c.d. “costi occulti”, tale dovendosi innegabilmente considerare, in difetto di esplicitazione in forma scritta del regime finanziario adottato per il calcolo degli interessi nei rapporti di finanziamento, il cd. “differenziale di costo” derivante dall’impiego della capitalizzazione composta in luogo di quella semplice.

Orbene, sulla base di tali premesse espositive, analizzando la documentazione versata in atti, emerge che in nessuna pattuizione scritta, né nel contratto di finanziamento, né nella documentazione allegata, risulti esplicitato il regime di capitalizzazione adottato dall’Istituto finanziatore.

A ciò deve aggiungersi che, all’atto della stipulazione, neppure era stato allegato al contratto il piano di ammortamento – prodotto solo ex post dalla convenuta – privando così il mutuatario della possibilità di avere contezza della misura di digradazione del capitale prestato e di conseguenza di poter rendersi conto del regime di capitalizzazione impiegato dall’Istituto di credito.

L’indeterminatezza del tasso si traduce nella violazione del requisito della forma scritta prescritto ad substantiam – ex artt. 1284, comma 3, c.c. e 117 t.u.b. – per la pattuizione degli interessi ultralegali.

Alla nullità della clausola relativa al tasso di interesse consegue, per effetto del meccanismo di eterointegrazione normativa previsto dal comma 7 dell’art. 117 t.u.b., la sostituzione del tasso ultralegale applicato con il c.d. tasso BOT indicato nella predetta norma (Cfr. Corte d’Appello di Bari del 3.11.2020 n. 1890).

 

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