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Tribunale Benevento: Milleproroghe illegittimo ed “assurdo”. Ordinanza di rimessa alla Corte Costituzionale

Il TRIBUNALE ORDINARIO DI BENEVENTO

-SEZIONE CIVILE-

giudice unico dr. Andrea Loffredo, all’udienza istruttoria civile del 10/3/2011, ha emesso, dandone lettura alle parti, la seguente

ORDINANZA

nella causa iscritta al n. 2102/2007 R.G.A.C. avente ad oggetto: azione di ripetizione di somme indebitamente percepite in rapporto di conto corrente bancario

TRA

M U, (attore)

e

B s.p.a., (convenuta)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 11/6/2007 M U esponeva di aver intrattenuto con la filiale B s.p.a. di Benevento un rapporto di conto corrente bancario contraddistinto dal n. 7073 ( numero erroneamente indicato e poi successivamente corretto in quello portante il n. 27/90 ), iniziato in data 14-21/09/1992 e chiuso in data 31/12/2006 con saldo debitorio a carico di esso attore.

Allegava che su detto conto, la banca aveva calcolato e addebitato commissioni di massimo scoperto ed interessi anatocistici in violazione dell’art. 1283 c.c., sulla base di clausole contrattuali nulle e prive di effetto, per cui, non essendo stato possibile ottenere bonariamente dalla banca quanto indebitamente dalla stessa percepito – giusta richiesta raccomandata di restituzione notificata alla banca in data 5/3/2007 – l’attore chiedeva al giudice di dichiarare che il B s.p.a. durante il rapporto bancario intercorso aveva addebitato interessi anatocistici e commissioni di massimo scoperto non dovuti e quindi di conseguenza condannare la banca alla restituzione delle somme indebitamente percepite per le causali suindicate, oltre vittoria di spese di lite da distrarsi in favore del procuratore anticipatario.

Instaurato regolarmente il contraddittorio, la banca eccepiva in via preliminare la nullità dell’atto di citazione per genericità ed indeterminatezza dei fatti costitutivi posti a base della domanda e nel merito tempestivamente eccepiva la prescrizione decennale dell’azione di ripetizione dell’indebito in quanto decorrente il periodo prescrizionale dalla data di annotazione di ogni singola posta contestata.

Deduceva, peraltro, l’avvenuta decadenza dalla contestazione degli estratti conto, atteso che il correntista, pur avendoli ricevuti periodicamente, non li aveva mai impugnati entro il termine di sessanta giorni di cui all’art. 119 del T.U. n. 385/93.

Affermava, inoltre, la legittimità delle pattuizioni – e delle consequenziali annotazioni in conto corrente – relative alla capitalizzazione periodica degli interessi passivi e alla commissione di massimo scoperto, per cui concludeva per il rigetto della domanda attorea, con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizio.

Indi, prodotti dalle parti i contratti, gli estratti conto ed i conti scalari relativi al c/c 27/90, il giudice istruttore, sul presupposto non esplicitato della nullità della clausola anatocistica per violazione dell’art. 1283 c.c. e della clausola di commissione di massimo scoperto per violazione degli artt. 1418 comma 2 e 1346 c.c. (indeterminatezza ed indeterminabilità della stessa , atteso che il contratto contiene solo l’indicazione in percentuale della commissione ma non l’indicazione dei criteri di calcolo) disponeva una consulenza tecnica finalizzata alla ricostruzione contabile del rapporto bancario depurato dagli effetti della commissione di massimo scoperto e della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, con applicazione del criterio della capitalizzazione annuale degli stessi.

Successivamente, depositata una prima relazione di consulenza, resi chiarimenti alla stessa con redazione di una relazione integrativa che accertava – con il criterio della capitalizzazione annuale degli interessi debitori – un saldo reale attivo a favore dell’attore di euro 26.832,87 al 31/12/2006 , precisate le conclusioni, all’udienza del 28710/2010 la causa veniva riservata in decisione, con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

Con ordinanza depositata in cancelleria in data 1/2/2011 il giudice, essendo intervenuta in data 23/11/2010-2/12/2010 la sentenza n. 24418/10 della Corte Suprema di Cassazione – Sezioni Unite Civili che sanciva l’illegittimità della capitalizzazione anche solo annuale degli interessi in quanto contrastante con la nullità dell’anatocismo di cui all’art. 1283 c.c. ,

rimetteva la causa in istruttoria, disponendo la comparizione del c.t.u. per l’udienza del 10/3/2011 per incaricarlo di ricostruire il rapporto bancario dedotto in giudizio alla luce dei principi giuridici affermati in detta sentenza e segnatamente per il ricalcolo del saldo epurato integralmente dall’interesse anatocistico ( c.d. criterio dell’interesse semplice ).

Nel frattempo, in data 26/2/2011 veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 47 – Supplemento ordinario n.53 la legge 26/2/2011 n.10 di conversione con modificazioni del decreto legge 29/12/2010 n. 225, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie” ( c.d. Decreto Milleproroghe ), la quale all’art. 1 comma 1, richiamando l’allegato

“Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto legge 29 dicembre 2010 n. 225” ha introdotto nell’ordinamento giuridico (con decorrenza dal giorno successivo a quello della pubblicazione ( art. 1 ) la seguente norma: “Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto legge 29 dicembre 2010 n. 225 : all’art. 2 dopo il comma 19 sono aggiunti i seguenti commi: …omissis… “61.In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge” (per facilità di comprensione e reperimento vedansi articolo art. 2 comma 61 del testo del decreto legge 29/12/2010 n. 225 coordinato con le modifiche apportate con la legge di conversione 26/2/2011 n.10, secondo il testo redatto dal Ministero della Giustizia ai sensi degli artt. 10 comma 2 e 3 e 11 comma 1 del D.P.R. 28/12/1985 n. 1092 – Testo Unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica Italiana ).

Orbene questo giudicante, nel dover rendere i provvedimenti istruttori e segnatamente dovendo decidere se ed in quali termini affidare al c.t.u. un incarico integrativo di ricalcolo del rapporto bancario in conto corrente sulla base dei criteri sanciti dalla sentenza n. 24418/10 della Corte Suprema di Cassazione – Sezioni Unite Civili , non può prescindere dall’applicazione della nuova norma, la cui portata innovativa si presta a varie interpretazioni, alcune delle quali palesemente in contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 3 ( principi di uguaglianza e di ragionevolezza ), 24 e 102 ( diritto di tutela dei propri diritti davanti agli organi giurisdizionali ordinari), 41 e 47 ( principi di libertà dell’iniziativa economica privata e di tutela del risparmio ) della Costituzione.

La banca convenuta, infatti, in comparsa di costituzione ha tempestivamente eccepito la prescrizione dell’azione di restituzione dell’indebito proposta dall’attore ai sensi dell’art. 2033 c.c., per cui se la nuova norma dovesse interpretarsi nel senso che la prescrizione decennale decorre non dalla data di estinzione del rapporto di conto corrente ( come di recente confermato da Cass. Civ. S.U. n. 24418/10 ) ma dal giorno di ogni singola annotazione in conto ( art. 2 quinquies comma 9 prima parte della impugnata legge ), la conseguenza sarebbe l’estinzione per prescrizione del diritto dell’attore alla restituzione degli importi versati a titolo solutorio e annotati in data anteriore al 5/3/1997, vale a dire annotati oltre dieci anni prima della data di notificazione della richiesta stragiudiziale di restituzione dell’indebito (raccomandata notificata alla banca in data 5/3/2007 ), che rappresenta il primo degli atti interruttivi della prescrizione risultante in atti.

Inoltre, se la seconda parte della norma impugnata ( … In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge” ) dovesse interpretarsi nel senso che nelle operazioni bancarie regolate in conto corrente ciascuna delle parti può non restituire gli importi già versati alla data del 27/2/2011, anche se non dovuti, la conseguenza sarebbe il rigetto totale della domanda di restituzione dell’attore, in quanto, il rapporto bancario in conto corrente è stato chiuso consensualmente dalle parti in data 31/12/2006, per cui i versamenti sono tutti antecedenti alla data di entrata in vigore della legge 26/2/2011 n.10.

Ciò posto, essendo evidente la rilevanza della questione di costituzionalità ai fini della adozione dei provvedimenti istruttori e decisori della causa civile in esame, appare opportuno svolgere brevemente i motivi di diritto in base ai quali questo giudicante ritiene costituzionalmente illegittima l’impugnata norma.

MOTIVI DI DIRITTO

Invero nella prima parte della impugnata norma il legislatore manifesta apertamente l’intento di attribuire alla stessa natura di norma di interpretazione autentica dell’art. 2935 codice civile ( ” La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ” ) aggiungendo che ” In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa “.

E’ evidente l’intento e la finalità di consentire l’applicazione retroattiva, e quindi anche ai giudizi pendenti, della norma, alla stregua di ogni vera ed autentica legge di interpretazione autentica.

Orbene le norme interpretative, che il legislatore può adottare quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario di una norma, non possono violare i limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi, che attengono alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento.
Tra detti principi spiccano il rispetto del principio generale di ragionevolezza, il principio del divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento, il principio della tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti per l’effetto nomofilattico delle pronunce della Corte di Cassazione, la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico, il rispetto e la non invasione delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario.

Nel caso dell’impugnata norma tali limiti risultano platealmente superati, atteso che:

1) non vi era alcun dubbio interpretativo in ordine alla decorrenza della prescrizione dei diritti nascenti dall’annotazione nelle operazioni bancarie regolate in conto corrente, atteso che sul punto vi era costante ed uniforme giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale ultima peraltro, recentemente, con sentenza a Sezioni Unite n. 24418/10 del 2/12/2010, aveva ribadito quanto sostenuto da anni e cioè che ” Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati “. Relativamente a tale recente decisione, giova precisare che la Suprema corte ebbe a pronunciarsi a Sezioni Unite non per difformità di orientamenti tra diverse Sezioni della stessa, ma unicamente “per la particolare importanza delle questioni sollevate”.

2) da decenni gli esperti di diritto bancario e la stessa giurisprudenza hanno chiarito come sia corretto distinguere gli atti giuridici da cui sorgono diritti di credito dalle semplici operazioni contabili di accreditamento ed addebitamento, le quali si effettuano secondo la tecnica delle scritture e delle registrazioni, per cui l’operazione contabile di accredito o di addebito non corrisponde alla costituzione di crediti o di debiti, ma è semplicemente un modo di rappresentare le modificazioni oggettive e quantitative che subisce un unico rapporto obbligatorio nel corso del suo svolgimento. Ne consegue che durante il corso del rapporto non si attribuisce a nessuno dei due contraenti la veste di debitore o di creditore ma si lascia ciascuna delle parti, fino a completa estinzione del rapporto, nella sua rispettiva posizione originaria. Per tali motivi sia la dottrina che la giurisprudenza hanno sempre ritenuto che i contratti bancari di credito con esecuzione ripetuta di più prestazioni, sono contratti unitari, che danno luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutive che la serie di versamenti, prelievi ed accreditamenti determina solo variazioni quantitative dell’unico originario rapporto. Per cui solo con il conto finale si stabiliscono definitivamente i crediti e i debiti delle parti fra di loro e se ne determina l’esigibilità. Ne deriva l’irragionevolezza della norma impugnata, in quanto sotto forma malcelatamente interpretativa, di fatto innova e si scontra non solo con la disciplina normativa e la natura giuridica propria delle operazioni bancarie in conto corrente di cui agli artt. 1852-1857 c.c. ma anche con il principio generale affermato dall’art. 2935 c.c. in tema di decorrenza della prescrizione.

3) le norme sulla prescrizione, pur avendo una natura sostanziale, producono i loro effetti sul piano processuale, atteso che invocando l’effetto estintivo delle stesse è possibile impedire ai titolari di diritti di ottenerne la realizzazione in via giudiziaria. Ne consegue che, ove l’impugnata norma si applicasse anche per il passato e ai giudizi in corso, si avrebbe non solo una violazione del principio di uguaglianza e un’ingiustificata disparità di trattamento, ma anche una frustrazione dell’articolo 24 della Costituzione, oltre che un’invasione ingiustificata delle prerogative proprie della Magistratura Ordinaria con violazione dell’art. 102 della Costituzione.

4) l’impugnata norma realizza, infine, un’eclatante violazione dei principi di tutela del risparmio delle famiglie e delle imprese, delle quali ultime intacca la libera di iniziativa economica, così violando gli artt. 41 e 47 della Costituzione. La norma in parola, infatti, paradossalmente contenuta in una legge titolata “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie” più che sostenere famiglie ed imprese incide invece negativamente sulle legittime aspettative di esse di ottenere in restituzione ingenti somme indebitamente contabilizzate dalla controparte durante lo svolgimento di rapporti in conto correnti e percepite in violazione di norme di ordine pubblico quale il divieto dell’anatocismo e del decorso della prescrizione dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, favorendo così anche condotte dagli effetti tendenzialmente usurari. D’altra parte la norma, di iniziativa governativa ed inserita con un maxi emendamento nel testo di un ennesimo decreto legge c.d. Milleproroghe a pochi giorni dalla scadenza dello stesso e sottoposto a voto di fiducia con conseguenziale sostanziale frustrazione del potere del Parlamento di apportarvi delle modifiche ( è noto che molti dei deputati e dei senatori sono avvocati che ben conoscono il contenzioso civile in atto tra banche e correntisti ), pur se definita dai primi commentatori come “legge salva banche”, rischia di pregiudicare irrimediabilmente anche il diritto delle banche ad ottenere in restituzione somme date a mutuo ai correntisti in regime di apertura di credito in conto corrente, se annotate prima di dieci anni dalla formale richiesta di rientro o di pagamento del saldo finale di chiusura del conto.

Le considerazioni sopra sviluppate valgono a maggior ragione riguardo alla seconda parte dell’impugnata norma, vale a dire a quella sorta di norma transitoria la quale dispone che “…In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge”. Trattasi di norma del tutto assurda ed incomprensibile, la quale, senza null’altro aggiungere e precisare, determina che chi ( anche una banca ) per sua sventura si trovi ad aver versato alla data del 27/2/2011 (data di entrata in vigore della legge di conversione n. 10/2011 ) degli importi a credito in un rapporto regolato in conto corrente non può ottenerli “in ogni caso” in restituzione dal suo debitore.

Per non far torto all’intelligenza di nessuno si omette ogni ulteriore commento, semplicemente rilevando che detta seconda parte dell’impugnata norma fa strage non solo delle principali regole giuridiche e costituzionali sopra richiamate, ma anche dei più elementari canoni di logica e avvedutezza richiesti nella regolamentazione normativa dei rapporti tra consociati.

 

P.Q.M.

 

Letti gli artt. 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9/2/1948 n. 1 e 23 della legge 11/3/1953 n. 87

il Tribunale Ordinario di Benevento

promuove di ufficio, per violazione degli artt. 3, 24, 41, 47 e 102 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della legge 26/2/2011 n.10 di conversione con modificazioni del decreto legge 29/12/2010 n. 225 nella parte in cui all’art. 1 comma 1, richiamando l’allegato “Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto legge 29 dicembre 2010 n. 225” ha introdotto nell’ordinamento giuridico la seguente norma: “Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto legge 29 dicembre 2010 n. 225 : all’art. 2 dopo il comma 19 sono aggiunti i seguenti commi: …omissis… ” 61.In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge”.

Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri nonché comunicata al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei Deputati e all’esito sia trasmessa alla Corte Costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova delle avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni.

Benevento, 10 marzo 2011

Il giudice unico dr. Andrea Loffredo

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