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Fondi comuni :Il portafoglio dei risparmiatori fortemente provato anche dai fondi

Il portafoglio dei risparmiatori fortemente provato anche dai fondi Sempre più spesso l’ADUSBEF riceve richieste di tutela da parte di risparmiatori che hanno subito perdite finanziarie a seguito dell’investimento in fondi comuni, talvolta fino al 60% ed oltre del capitale sottoscritto. In questi ultimi 5 anni infatti non solo i default obbligazionari hanno oppresso il portafoglio degli investitori: i fondi sono stati caratterizzati troppo spesso da un’ amministrazione inefficiente del patrimonio collettivo da parte delle società di gestione, cagionando un drastico decremento della ricchezza investita.

Alle lamentele degli investitori, le banche, i gestori ed i promotori finanziari, spesso rispondono con il pretesto dell’11 settembre 2001, evento che avrebbe improvvisamente fatto crollare i mercati azionari, mentre è un dato di fatto che la recessione era in atto già da un anno a seguito dello scoppio della bolla speculativa di fine ’99.

Neppure i fondi comuni “flessibili” sono stati in grado di adempiere alla loro funzione difensiva: infatti questi strumenti d’investimento per definizione non sono vincolati ad un particolare ambito finanziario, e rappresentano pertanto “l’indice di bravura del gestore”. Sostanzialmente, poichè la contrazione di determinati settori economici implica la crescita di altri, i fondi flessibili dovrebbero essere costantemente in grado di cogliere le opportunità offerte da tutti i comparti finanziari, garantendo la difesa del capitale dalla svalutazione.

In realtà quasi tutti i fondi flessibili di diritto italiano, aprossimativamente oltre un centinaio quelli attualmente quotati, non sono stati in grado di difendere il patrimonio degli investitori nella recessione economica iniziata nel 2000: nonostante le considerevoli performances ottenute ad esempio dalle quotazioni dell’oro, del petrolio e dell’euro, in molti casi l’andamento del fondo rispecchia fedelmente il corso dei mercati azionari, sintomo che i gestori hanno presumibilmente attuato un’ amministrazione genericamente passiva, reputando adeguato mantenere ingenti investimenti azionari nonostante il tracollo mondiale delle borse.

Sorge lecito e spontaneo un quesito: che vantaggio dovrebbe arrecare ai risparmiatori il pagamento di onerose commissioni di gestione, se il risultato è spesso disastrosamente simile all’investimento “fai da te” di un principiante?

3 settembre 2004

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