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Milleproroghe e anatocismo: decreto incostituzionale. Testo della norma “fa acqua”: ma non è detta ultima parola

In breve. Milleproroghe promulgato ma approvati anche vari ordini del giorno affinché il Parlamento modifichi l’interpretazione sulla norma in materia di anatocismo, che non piace né a molti della maggioranza ed ancor meno ad opposizione.
Il testo approvato il 26/2/11 si riferisce alla presunta prescrizione derivante dall’annotazione in conto dell’interesse passivo, interpretazione che tuttavia si trova in contrasto con le norme dello Stato e la sentenza di Cassazione a sezioni unite del 2/12/10.
La Suprema Corte di Cassazione ha chiarito da decenni che è il momento del pagamento materiale dell’interesse (e non l’annotazione) a generare il diritto del correntista di reclamare il maltolto su un conto corrente affidato (ovvero passivo). Pertanto finchè non vi è chiusura del rapporto tramite il saldo non si può tecnicamente parlare di pagamento corrisposto e conseguentemente rimane valido l’orientamento della Suprema Corte circa l’unitarietà del rapporto sin dalla sua prima operazione, nonché il diritto di agire legalmente entro 10 anni dalla data di estinzione del conto corrente. Le cause per anatocismo continuano e Adusbef ricorrerà alla Corte Costituzionale.


Testo integrale. Il c.d. Decreto Milleproroghe, contestato nei giorni scorsi anche dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il quale lo aveva rispedito alle Camere per delle modifiche, è stato invece approvato dal Governo il 26 febbraio 2011: le associazioni dei consumatori quali Adusbef, Federconsumatori, Adiconsum ed altre insorgono.

Il Sen. Elio Lannutti, parlamentare dell’Italia dei Valori e presidente di Adusbef, ha già annunciato la ferma intenzione di adire la Corte Costituzionale nelle udienze già fissate a partire dal 28 febbraio 2011, sollevando obiezioni sull’incostituzionalità del decreto, il quale contiene tre righe in materia di anatocismo in netto contrasto con il codice civile, la costituzione e le norme imperative dello Stato. Il Presidente della Repubblica, nel respingere il testo iniziale dell’emendamento, aveva peraltro già sottolineato l’incostituzionalità del decreto milleproroghe.

In effetti forse non è ancora detta l’ultima parola, perché il Pres. Napolitano, nel promulgare l’emendamento infine modificato ed approvato dal senato il 26 febbraio, ha dichiarato: ”Si è preso atto che governo e Parlamento hanno provveduto ad espungere dal testo molte delle aggiunte sulle quali erano stati formulati rilievi da parte del Capo dello Stato. Restano comunque disposizioni in ordine alle quali potranno essere successivamente adottati gli opportuni correttivi, alcuni dei quali sono del resto indicati in appositi ordini del giorno approvati dalle Camere o accolti dal governo”.

Infatti la questione anatocismo divide anche molti parlamentari della maggioranza nonché dell’opposizione. Numerosi sono stati gli ordini del giorno (odg) presentati da più parti, alcuni dei quali accolti al fine di riaprire la discussione sull’articolo relativo all’anatocismo.

Un odg a firma di Antonio Battaglia (Pdl), impegna l’esecutivo ”a valutare l’opportunità di intervenire in tempi rapidi, anche attraverso eventuali interventi normativi a tutela degli interessi legittimi dei cittadini, nel pieno rispetto dei principi costituzionali, negli eventuali contenziosi bancari” affinché l’interpretazione della misura contenuta nel milleproroghe ”non si configuri come danno nei loro confronti”.
Il secondo odg, che il governo ha accolto come raccomandazione, impegna invece il governo a ”riesaminare l’interpretazione fornita dall’articolo” contenuto nel milleproroghe, ”riportandola negli ambiti interpretativi finora fatti propri dalla giurisprudenza legittima” e ribaditi dalla sentenza della Corte di Cassazione.

Altro testo dell’odg, firmato da Ciccanti e Antonio Mereu (Udc), “impegna il Governo ad adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere” la norma contenuta nel Milleproroghe che restringe di fatto i termini della prescrizione sull’anatocismo e “che stravolge la sentenza della Cassazione che aveva sancito definitivamente il diritto dei correntisti (imprese e cittadini comuni) a farsi restituire tutte le somme illegittimamente addebitate dalle banche su conti correnti tutelando le vittime dell’anatocismo”.

Peraltro il testo del maxiemendamento contiene un “vizio” che sotto l’aspetto tecnico non consente di dare il colpo di spugna sperato dalle banche, spiega Adusbef nella persona del suo Vicepresidente, Avv. Antonio Tanza: “L’anatocismo non viene compromesso dall’art. 2 quinquies, comma 9, del Maxiemendamento al Milleproroghe. I principi della Sentenza della Suprema Corte di Cassazione a sezioni unite del 2/12/10 restano invariati: nessun pericolo per il contenzioso in atto e per quello futuro”.

In effetti il testo dell’articolo del maxiemendamento in merito all’anatocismo, aggiunto di soppiatto ed in tutta fretta dal Governo poco prima della scadenza, si riferisce alla prescrizione dell’annotazione, lasciando comunque spazio ai cavilli tecnico-legali per contrastare la vergognosa norma.

Il testo dell’art. 2 quinquies, comma 9 del maxiemendamento così recita: “In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati. Alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge”.

Tuttavia l’art. 1422 del codice civile determina che l’azione promossa dal correntista verso la banca per far valere la nullità della clausola che prevede ad esempio l’anatocismo, è imprescrittibile: ciò significa che non potrà mai intaccarsi il diritto dell’utente ad un’azione legale volta a far dichiarare la nullità delle clausole contrattuali originariamente nulle, quali quella dell’anatocismo (cfr. art. 1283 c.c.), degli interessi ultralegali “uso piazza” (art. 1284 c.c.), dei giorni di valuta differita, delle commissioni di massimo scoperto, ecc.

Allo stesso modo la domanda di ripetizione dell’indebito (ovverosia, in pratica, di restituzione o sanamento del danno subito dal correntista), ha un presupposto imprescindibile: il pagamento.

Pertanto punto di partenza del diritto di ripetizione dell’indebito nelle operazioni regolate in un conto corrente affidato rimane sempre l’individuazione del momento in cui si verifica il pagamento, ovvero il momento in cui vengono materialmente pagati interessi anatocistici ed ultralegali, commissioni di massimo scoperto trimestrale, indebite valute fittizie e spese forfettarie. Orbene finchè il saldo del conto corrente affidato rimane passivo e dunque non saldato perché non estinto, tali annotazioni non possono ritenersi pagate.
L’importante sentenza n. 24418 emessa dalla Corte di Cassazione a sezioni unite il 2 dicembre 2010, ha ineccepibilmente individuato nell’estinzione del saldo di chiusura il momento in cui si verifica il pagamento dell’indebito e dal quale nasce il diritto di ripetizione e, dunque, il momento dal quale decorre il termine prescrizionale, così come previsto dall’art. 2935 del c.c., anche con l’interpretazione imposta dall’art. 2 quinquies, comma 9, del DDL n. 2518/2011, per la ripetizione dell’indebito.
La singola annotazione in conto , in se e per sé considerata, influisce sul rapporto solo a livello quantitativo, ma non fa sorgere alcun diritto di ripetizione in capo all’utente, in quanto non potrà mai costituire un pagamento.

 Consolidata giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito da decenni come non vada confuso il contratto con la singola annotazione in conto che, in se e per sé, influisce solo a livello quantitativo sul rapporto: “I contratti bancari di credito con esecuzione ripetuta di più prestazioni, sono contratti unitari, che danno luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi; perciò la serie successiva di versamenti, prelievi ed accreditamenti non da luogo a singoli rapporti (costitutivi o estintivi) ma determina solo variazioni quantitative dell’unico rapporto originario costituito tra Banca e Cliente […] secondo tale orientamento che è da considerarsi consolidato, i rapporti di apertura di credito in conto corrente bancario devono essere, quindi, ricostruiti dalla prima operazione e depurati delle capitalizzazioni esercitate dalle competenze” (cfr. Cassazione sentenze 30/04/1969 n. 1392 e 25/07/1972 n. 2545).

Ecco perché dunque il maldestro tentativo del maxiemendamento di tacitare le cause per anatocismo si risolve all’atto pratico in un buco nell’acqua.

Già in passato, nel 1999 e nel 2001, vari governi avevano varato dei decreti c.d. “salvabanche” in materia di contatti bancari usura e anatocismo, tuttavia a poco son serviti, giacchè da allora in avanti infinite sentenze contro gli istituti di credito hanno continuato a fioccare dai Tribunali, e la Suprema Corte di Cassazione più volte si è espressa a favore dei diritti dei correntisti.

Dott.ssa Tiziana Pinaffo


 Nota – La riproduzione di tutto o di parte di questo articolo è consentita solo citandone la fonte originaria https://www.studio-pinaffo.it


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