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Usura, interessi usurari: cosa dice la legge e perchè l’anatocismo è strettamente connesso

Molte sentenze hanno compreso che il fenomeno anatocistico esercitato dal sistema bancario, ovvero la pretesa di interessi su interessi, si tramuta spesso in usura. La legge n. 108/1996 tutela i cittadini dal reato di usura frequentemente perpetrato dalle aziende operanti sul mercato del credito: il costo effettivo di un finanziamento infatti, sia esso mutuo, fido in conto corrente, regolamento di effetti SBF (salvo buon fine), non coincide con il solo tasso nominale (o tasso apparente), quanto piuttosto con il Tasso Effettivo Globale (TEG), comprensivo cioè di tutte le remunerazioni connesse al finanziamento a qualsiasi titolo percepite dal creditore eccetto imposte e tasse.

Questo è infatti il concetto sul quale si basa la disciplina della legge 108/1996 la quale determina il cosiddetto “tasso soglia”, ovvero la misura matematica oltre la quale gli interessi sono sempre usurari: la normativa vigente estende dunque il concetto di interesse passivo a qualsiasi tipo di remunerazione percepita dall’istituto di credito al fine di evitare l’applicazione di un’usura “legalizzata”, ovverosia con tassi nominali apparentemente entro i limiti ma con tassi effettivi notevolmente eccedenti livelli considerabili equi.

L’accertamento dell’applicazione di interessi usurari comporta la restituzione delle somme indebitamente pagate dal correntista. L’art. 1815 del codice civile, ripreso dalla legge n. 108/96 art. 4 e dall’art. 644 del codice penale, sancisce infatti che “se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”: applicando tale disposizione ai parametri della legge in materia di usura di cui all’art. 2, il quale considera come costo effettivo del finanziamento “le commissioni e le remunerazioni a qualsiasi titolo e spese eccetto imposte e tasse”, il danno economico cagionato al correntista corrisponde all’ammontare complessivo del costo del finanziamento, comprensivo di interessi debitori e spese corrisposte eccetto imposte e tasse.

Dunque ad esempio, laddove un correntista avesse corrisposto alla propria banca circa 50.000 euro nell’arco di 10 anni mediante il versamento periodico di competenze trimestrali (interessi, CMS, etc.), qualora si ravvisasse l’ipotesi del superamento del tasso soglia legge 108/96, sarebbe possibile reclamare un danno equivalente ad euro 50.000, oltre ad interessi legali e spese sostenute per il procedimento.

In termini pratici sarebbe dunque possibile reclamare l’intero ammontare delle competenze versate nell’ambito del rapporto di conto corrente, in quanto verrebbe dichiarata la nullità della clausola: naturalmente ogni giudizio in tal senso potrà essere efficacemente espresso solo ed esclusivamente dal Tribunale o Foro competente.

 

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