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Rinegoziazione mutui secondo la Convenzione ABI ed il Ministero dell’Economia

Un finanziamento “che non ti abbandona mai”.
Attenzione alle alternative ed a non cadere dalla padella alla brace!

 

02 settembre 2008

In data 19 giugno 2008 è stata stipulata tra l’ABI – Associazione Bancaria Italiana ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) un’apposita Convenzione con il compito di definire le modalità ed i criteri per la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile stipulati o accollati, anche a seguito di frazionamento da persone fisiche, per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale anteriormente al 29 maggio 2008, data di entrata in vigore del decreto (art. 3 del D.L. 27 maggio 2008 n. 93, convertito il Legge 24 luglio 2008, n. 126).

In queste settimane gli istituti di credito aderenti alla Convenzione stanno inviando alla propria clientela intestataria di mutui rientranti nei suddetti parametri (Attenzione dunque: non tutti i mutui sono oggetto di Convenzione) la proposta di rinegoziazione. In pratica sarà possibile scegliere tra due opzioni:

   –  aderire alla proposta
   –  non aderire ed attuare invece la c.d. “portabilità del mutuo” prevista dall’art. 8 del D.L. 31/01/2007 n. 7 convertito nella Legge 2 aprile 2007 n. 40.

 La Convenzione propone di rinegoziare il mutuo a tasso variabile, ma non per convertire lo stesso in un finanziamento a tasso fisso, quanto piuttosto per variarne potenzialmente la durata bloccando per un certo periodo di tempo l’importo della rata.

Ciò che viene proposto è in sostanza uno specchietto per le allodole: mettere al riparo dal rialzo dei tassi l’importo della rata per un certo periodo di tempo, rischiando di trovarsi tra un po’ di anni a gestire delle brutte sorprese.

Infatti la Convenzione propone di definire una quota fissa che il debitore pagherà mensilmente alla banca come rata: il rialzo dei tassi verrà tuttavia rifinanziato dalla banca stessa, la quale verserà su un conto corrente distinto e fruttifero di interessi passivi capitalizzati annualmente (dunque ulteriori spese ed anatocismo, disattendendo i disposti del Codice Civile in proposito) l’eventuale differenza generata dal rialzo dei tassi, aggravando il tutto con uno spread – una maggiorazione – di 0,50 punti base.

Alla pattuita scadenza del “mutuo a rata fissa”, con buona probabilità ci si potrebbe ritrovare a dover rateizzare nuovamente per pagare gli accumuli del suddetto conto di rifinanziamento.

Per assurdo il “conto corrente di finanziamento parallelo”, diverrebbe il finanziamento del finanziamento stesso sul quale si pagherebbero nuovi interessi sugli interessi rifinanziati a causa dell’aumento dei tassi: sembra un gioco di parole, mentre in realtà è astrusa “finanza creativa”.

A nostro avviso molto più conveniente l’alternativa, cioè attuare la “portabilità del mutuo”, chiedendo un finanziamento a tasso fisso ad un’altra banca al fine di estinguere il mutuo-salasso a tasso variabile presso la vecchia banca. E’ importante tenere presente però che l’attuale congiuntura economica per i mutui di lunga durata (orientativamente dai 5 anni in su) suggerisce la convenienza di stipulare un finanziamento a tasso fisso e non più variabile: qualcuno ricorderà che oggi i tassi di interesse sono notevolmente più bassi rispetto a 20 anni fa ad esempio, e, per varie ragioni tecniche e congiunturali, sono ben maggiori le probabilità di un rialzo del costo del denaro che quelle di un ribasso nel lungo periodo.

Attenzione dunque a non cadere dalla padella alla brace con la rinegoziazione proposta.

Dott.ssa Tiziana Pinaffo

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