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Mutui: il requisito di determinatezza e la nullità degli interessi ultralegali

05 dicembre 2008

Il tasso di interesse indicato sul contratto di mutuo deve essere effettivo, comprensivo cioè non solo dell’effetto dell’illegittima capitalizzazione sugli interessi passivi eventualmente applicata e di tutti gli oneri collegati al finanziamento, ma comprensivo altresì dell’incidenza esercitata anche dal piano di ammortamento

Non tutti sanno che, a parità di tasso di interesse nominale e di durata del finanziamento, il piano di ammortamento con pagamento differito di quota interessi e quota capitale, esercita una lievitazione matematica, e dunque effettiva, del tasso di interesse reale del mutuo. Ciò si rivela soprattutto in situazioni di c.d. preammortamento, ossia quando la banca chiede ad esempio di imputare il pagamento dei primi 2 anni di rate al solo ammortamento della quota interessi, lasciando invariato il debito capitale, oppure nei c.d. piani di ammortamento “alla francese” dove la quota interessi pagata inizialmente corrisponde a circa i 3/4 della rata.

In termini giuridici ciò comporta la mancanza del requisito di determinatezza e la violazione dell’art. 1284 c.c.: per effetto della legge n. 154/92 sulla trasparenza bancaria, il rapporto di finanziamento deve allora essere ricalcolato non più al saggio di interesse pattuito con la banca, ma a tasso legale (che negli ultimi 10 anni è oscillato tra il 2 ed il 3% circa) o Bot, nonchè in assenza di anatocismo. In merito alla capitalizzazione va anche osservato che si possono contestare non solo gli anatocismi più tradizionali, ma ad esempio anche gli interessi di mora.

Oramai molte recenti sentenze e provvedimenti inerenti i mutui e l’accertamento del saggio di =interesse applicato vanno in questa direzione: non solo la verifica del =superamento dei tassi di usura, ma anche sulla legittimità delle condizioni contrattualmente pattuite. Pertanto in tali circostanze il mutuatario, ovvero il/i soggetti che contraggono il mutuo, possono chiedere ed ottenere legalmente una notevole riduzione del costo del finanziamento.

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Dott.ssa Tiziana Pinaffo

Rinegoziazione mutui secondo la Convenzione ABI ed il Ministero dell’Economia: un finanziamento “che non ti abbandona mai”. Attenzione alle alternative ed a non cadere dalla padella alla brace!

02 settembre 2008

In data 19 giugno 2008 è stata stipulata tra l’ABI – Associazione Bancaria Italiana ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) un’apposita Convenzione con il compito di definire le modalità ed i criteri per la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile stipulati o accollati, anche a seguito di frazionamento da persone fisiche, per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale anteriormente al 29 maggio 2008, data di entrata in vigore del decreto (art. 3 del D.L. 27 maggio 2008 n. 93, convertito il Legge 24 luglio 2008, n. 126).

In queste settimane gli istituti di credito aderenti alla Convenzione stanno inviando alla propria clientela intestataria di mutui rientranti nei suddetti parametri (Attenzione dunque: non tutti i mutui sono oggetto di Convenzione) la proposta di rinegoziazione. In pratica sarà possibile scegliere tra due opzioni:

–  aderire alla proposta
–  non aderire ed attuare invece la c.d. “portabilità del mutuo” prevista dall’art. 8 del D.L. 31/01/2007 n. 7 convertito nella Legge 2 aprile 2007 n. 40.

La Convenzione propone di rinegoziare il mutuo a tasso variabile, ma non per convertire lo stesso in un finanziamento a tasso fisso, quanto piuttosto per variarne potenzialmente la durata bloccando per un certo periodo di tempo l’importo della rata.

Ciò che viene proposto è in sostanza uno specchietto per le allodole: mettere al riparo dal rialzo dei tassi l’importo della rata per un certo periodo di tempo, rischiando di trovarsi tra un po’ di anni a gestire delle brutte sorprese.

Infatti la Convenzione propone di definire una quota fissa che il debitore pagherà mensilmente alla banca come rata: il rialzo dei tassi verrà tuttavia rifinanziato dalla banca stessa, la quale verserà su un conto corrente distinto e fruttifero di interessi passivi capitalizzati annualmente (dunque ulteriori spese ed anatocismo, disattendendo i disposti del Codice Civile in proposito) l’eventuale differenza generata dal rialzo dei tassi, aggravando il tutto con uno spread – una maggiorazione – di 0,50 punti base.

Alla pattuita scadenza del “mutuo a rata fissa”, con buona probabilità ci si potrebbe ritrovare a dover rateizzare nuovamente per pagare gli accumuli del suddetto conto di rifinanziamento.

Per assurdo il “conto corrente di finanziamento parallelo”, diverrebbe il finanziamento del finanziamento stesso sul quale si pagherebbero nuovi interessi sugli interessi rifinanziati a causa dell’aumento dei tassi: sembra un gioco di parole, mentre in realtà è astrusa “finanza creativa”.

A nostro avviso molto più conveniente l’alternativa, cioè attuare la “portabilità del mutuo”, chiedendo un finanziamento a tasso fisso ad un’altra banca al fine di estinguere il mutuo-salasso a tasso variabile presso la vecchia banca. E’ importante tenere presente però che l’attuale congiuntura economica per i mutui di lunga durata (orientativamente dai 5 anni in su) suggerisce la convenienza di stipulare un finanziamento a tasso fisso e non più variabile: qualcuno ricorderà che oggi i tassi di interesse sono notevolmente più bassi rispetto a 20 anni fa ad esempio, e, per varie ragioni tecniche e congiunturali, sono ben maggiori le probabilità di un rialzo del costo del denaro che quelle di un ribasso nel lungo periodo.

Attenzione dunque a non cadere dalla padella alla brace con la rinegoziazione proposta.

Dott.ssa Tiziana Pinaffo

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