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Anatocismo: emessa prima sentenza di condanna alla banca nonostante Milleproroghe

Notizia Flash – E’ giunta notizia che il Tribunale di Taranto ha emesso in data 03 marzo 2011 la prima sentenza di condanna della banca al rimborso dell’anatocismo: ciò anche dopo il c.d. Milleproroghe, entrato in vigore lo scorso 27 febbraio 2011. Si tratta della sentenza n. 445 emessa dal Giudice Dott.ssa Enrica Di Tursi.
Il testo integrale non è ancora disponibile in quanto la sentenza è molto recente, tuttavia è un segnale importante per comprendere l’orientamento che verosimilmente potrebbero assumere molti Tribunali italiani nei confronti della contestata norma c.d. Salvabanche, in netto contrasto con i contenuti dell’importante sentenza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite lo scorso 2 dicembre 2011, che spaventa il potere bancario.

Sul tema va ricordato anche il testo di intervento del Sen. Lannutti (IDV) in merito all’anatocismo nella seduta n. 510 del 26/02/2011, di cui si riportano alcuni significativi estratti:

LANNUTTI (IdV). “Signor Presidente, signori membri del Governo, colleghi, questo decreto milleproroghe, come è già stato illustrato dal senatore Li Gotti nel corso dell’esame della questione pregudiziale, è indigesto, aumenterà la pressione fiscale e soprattutto presenta gravi profili di incostituzionalità, specie sulle norme salvabanche e salvainteressi dei banchieri.
Andate a sanare ancora una volta l’anatocismo, ossia la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi. calcolo degli interessi in regime di capitalizzazione composta anziché in regime di capitalizzazione semplice determina una crescita esponenziale del debito, una fiorente attività di capitalizzazione, come più di una volta le sezioni unite di Cassazione hanno stabilito.
L’articolo 1283 del codice civile vieta un regime di capitalizzazione composta degli interessi, ovvero il pagamento degli interessi su interessi di periodi precedenti, ma nonostante la tutela approntata dal citato articolo, per oltre mezzo secolo nella prassi bancaria italiana hanno trovato applicazione generalizzata nei contratti di apertura di conto corrente le clausole di capitalizzazione trimestrale degli impieghi. Dal 1999 la Corte di cassazione ha più volte affermato la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale.

Per evitare un contrasto tra il lavoro dei giudici e la prassi, il legislatore ha ritenuto opportuno, con il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342, modificare l’articolo 120 del decreto legislativo l5 settembre 1993, n. 385 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia): tale intervento ha introdotto in materia il principio della eguale cadenza di capitalizzazione dei saldi attivi e passivi, con una norma transitoria. Tale norma è stata poi dichiarata illegittima, per eccesso di delega e conseguente violazione dell’articolo 77 della Costituzione, dalla Corte costituzionale, con sentenza 17 ottobre 2000, n. 425.
Il cosiddetto decreto-legge salvabanche fu presentato il 23 luglio 1999 e la Consulta, con la citata sentenza, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 25, comma 3, per la violazione del principio dell’irretroattività della legge, per la disparità di trattamento fra soggetti del testo unico bancario e creditori sottoposti all’anatocismo e per il mancato rispetto dell’autonomia dell’indipendenza della magistratura.

Dopo la sentenza della Consulta del 17 ottobre 2000, il 29 dicembre 2000 fu approvato un secondo decreto-legge, il cosiddetto salva mutui usurari, e anche in quel caso la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità di quel decreto-legge salvabanche.

Dunque, sono molti i profili di incostituzionalità rispetto a una norma scritta sotto diretta dettatura delle banche. Dopo i rilievi effettuati dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con i quali questi aveva eccepito l’incostituzionalità del decreto milleproroghe, specie sulle norme salvabanche, estranee alla materia ed infilate di notte per confondere nel buio la vostra vergogna, milioni di consumatori vessati, usurati e taglieggiati dalle banche avevano confidato in un ravvedimento operoso del Governo e del ministro dell’economia Tremonti sull’articolo 2-quinquies, scritto sotto diretta dettatura del governatore Draghi, dell’ABI e delle banche per far estinguere i diritti degli utenti dei servizi bancari, sanciti ancora una volta da una recentissima sentenza di Cassazione, la n. 24418 del 2 dicembre 2010. […] Non si illudano Draghi, l’ABI, Bankitalia, il ministro Tremonti ed il Governo, che hanno concertato di notte l’ennesimo furto con destrezza a danno dei consumatori, degli enti locali, perché queste pratiche, questa usura legalizzata, praticata per oltre mezzo secolo da un sistema paramafioso, verranno eccepite davanti ai tribunali“.

 

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